Ci sono voluti anni, ma alla fine le Istituzioni europee hanno trovato un punto d’accordo sulla direttiva PNR che regola il sistema di scambio di informazioni tra gli Stati sui passeggeri delle compagnie aeree. Direttiva chiave nella lotta al terrorismo, cui dovrebbe accompagnarsi, almeno nelle intenzioni del Presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker, una maggiore cooperazione e interoperabilità tra Stati.
Per capire come l’UE si stia muovendo su questo tema – e sul piano, non meno scivoloso, dell’immigrazione – abbiamo intervistato il vicepresidente del Parlamento europeo David Sassoli.
Dopo anni di resistenze, Strasburgo ha approvato a larga maggioranza la direttiva PNR. Il testo approvato la convince?
É un buon testo, un ulteriore strumento per la lotta contro il terrorismo che stiamo affrontando in Europa. Questa direttiva aiuterà sicuramente gli organi di polizia ad assicurare una maggiore sicurezza dei cittadini, grazie alla disponibilità di maggiori informazioni utili al fine di prevenire, accertare e indagare in caso di terrorismo e di altri reati gravi.
In passato, molti eurodeputati hanno mostrato riserve nei confronti di questa direttiva, per via delle possibili ripercussioni negative sulla privacy dei cittadini. Cosa ne pensa?
La direttiva è stata necessaria come misura per affrontare il periodo di crisi che stiamo vivendo in Europa e dare sicurezza ai cittadini europei, ma ciò non vuol dire che la tutela della privacy sia messa da parte. L’uso dei dati del codice di prenotazione sarà effettuato, infatti, solo a fini di prevenzione, accertamento, indagine e azione penale nei confronti dei reati di terrorismo e dei reati gravi.
Come notato da Juncker in plenaria, nella lotta al terrorismo il problema non è l’assenza di informazioni sugli spostamenti delle persone, ma l’incapacità di usare queste informazioni per mancanza di cooperazione e interoperabilità. Concorda con il presidente della Commissione sulla necessità di un’unione della sicurezza?
Sono d’accordo con il Presidente Juncker. Da tempo lo chiede anche il Parlamento europeo. Ora la parola passa agli Stati membri che devono cercare di investire in cooperazione abbandonando egoismi nazionali.
Cosa pensa del Migration Compact proposto da Renzi? Ci sono i margini affinché si realizzi concretamente?
Sono molto d’accordo. Su questo però non spetta al Parlamento Europeo decidere sull’eventuale realizzazione del Migration Compact, ma ai governi nazionali. E’ comunque importante che la proposta di Renzi sia stata accolta con favore dalla Commissione Europea e da diverse famiglie politiche europee.
Schengen è a rischio, la proposta di costruire un muro al Brennero ne è una dimostrazione. L’Ue come dovrebbe rispondere?
Il Parlamento Europeo ha già manifestato la propria contrarietà in modo trasversale e ora spetta alla Commissione europea intervenire con decisione. Per me è una vergogna. Mettere a rischio Schengen chiudendo il Brennero è un attacco all’unità dell’Europa che, fra l’altro, comporterà costi economici rilevanti. É un rischio che va evitato ed è necessario che la Commissione Juncker intervenga per l’evidente violazione delle leggi europee. È legittimata a farlo e dunque valuti rapidamente l’apertura di una procedura d’infrazione. Il governo di Vienna sta intervenendo su un’ipotesi di rischio che non si è manifestata e questa previsione non consente di bloccare la libera circolazione come stabilito dal trattato di Schengen. Sull’Europa si sta giocando una partita elettorale tutta interna e questo è intollerabile.
Intervista a cura di Marta Bonucci