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Elezioni Usa, ai russi conviene un presidente repubblicano

by redazione
in Esteri
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Dopo le primarie di New York la corsa di Hillary Clinton e Donald Trump verso la Casa Bianca sembra davvero inarrestabile. Eppure il tenace Bernie Sanders da una parte e l’establishment repubblicano dall’altra non sembrano volersi rassegnare nemmeno davanti all’evidenza. Soprattutto la vecchia guardia del Gop, sostenuta dai suoi foraggiatori, non riesce a mettersi l’anima in pace rispetto alla volontà dei suoi elettori di candidare ‘the Donald’ alla presidenza degli Stati Uniti d’America. E la stampa internazionale, l’intellighenzia e la classe politica di tutto il mondo sembrano essere d’accordo con i vertici repubblicani. Ma la candidatura del tycoon newyorkese sarebbe davvero una sciagura per il mondo intero? Lo chiediamo a Germano Dottori, docente di Sicurezza Internazionale presso l’Università Link-Campus University of Malta e Segretario generale del centro di Studi strategici e di Politica internazionale presso l’Università Luiss-Guido Carli.

Professore, Donald Trump alla Casa Bianca sarebbe un pericolo per l’umanità?

Assolutamente no, anche perché in questo momento è l’unico candidato di peso disponibile a concertare una collaborazione con la Russia, mentre tutta la famiglia Clinton e anche l’attuale presidente Barack Obama hanno scommesso sull’utilità per gli Stati Uniti di cavalcare la crescita del disordine internazionale.

Quindi la Russia dovrebbe tifare per Trump?

Ai russi conviene sempre avere un presidente repubblicano piuttosto che uno democratico alla Casa Bianca. Anche perché i repubblicani sono storicamente più forti in politica estera, difensori ortodossi degli interessi americani e quindi meno bisognosi di perseguire la destabilizzazione dei loro interlocutori.

E all’Europa quale presidente converrebbe?

Nel momento in cui Trump stabilisse un rapporto di collaborazione con la Russia, per paesi come l’Italia e la Germania non si porrebbe più il problema di scegliere volta per volta cosa fare quando gli interessi della Russia e degli Usa sono in forte contrasto.

A che livello è la tensione Usa-Russia?

Ci sono elementi dell’amministrazione americana fortemente anti-russi, ma in realtà Obama collabora con Vladimir Putin su diversi dossier, uno dei quali è la Siria, anche se per questioni d’immagine la narrativa americana non lo può raccontare. Diverso è il caso del Pentagono e del Dipartimento di Stato.

Quanto può decidere realmente un presidente americano?

Il presidente non può fare le leggi, che spettano al Congresso, ma in politica internazionale l’amministrazione ha una grandissima libertà d’azione. E comunque lo stile del presidente fa la differenza.

Una Casa Bianca stile Trump Tower…

Certamente riuscirebbe a far prevalere le sue idee e a imporle nell’agenda americana. Molto importante sarà anche il nome del running mate: se fosse John Kasich sarebbe un contrappeso interno ai vertici politici dell’amministrazione, ragione in più per non temere Trump.

Perché nell’immaginario collettivo spaventa di più un imprenditore newyorkese rispetto a un cowboy texano che cuoce la pancetta su un mitra?

L’America è molto diversa dall’Europa, tuttavia Trump sta portando all’interno della politica americana molti elementi che tradizionalmente caratterizzano la destra sociale europea.

Cosa c’è dietro il suo successo?

La preoccupazione di vasti strati della popolazione americana che non sta beneficiando in alcun modo della ripresa economica in atto negli Stati Uniti. L’America è uscita dalla recessione, ma la classe media continua a vedere il suo reddito scendere.

C’è una crisi di leadership nel Gop?

I repubblicani erano convinti che si sarebbe candidato Joe Biden, che avrebbe vinto le elezioni senza troppa fatica. Per cui i pesi massimi del Gop hanno pensato che questa non fosse ancora la volta buona per andare alla Casa Bianca.

Che percezione ha il popolo americano dell’Isis?

Diversa da quella degli europei, com’era diversa la percezione del terrorismo che aveva l’Europa dopo gli attentati dell’11 settembre. Oggi l’Europa, in particolare i francesi e i belgi e in misura minore gli inglesi e gli spagnoli, si sentono in guerra contro i jihadisti che piantano bombe nelle loro città mentre gli americani si sentono relativamente al riparo.

È immaginabile un socialista alla Casa Bianca?

Difficile ma non impossibile. È l’altra faccia della medaglia della crisi della classe media che ha reso possibile l’ascesa di Trump. E comunque non bisogna sottovalutare che c’è una parte non indifferente dei vertici democratici che ha un conto aperto con la famiglia Clinton. Se c’è un quaranta percento degli americani che sostiene Hillary Clinton, significa che c’è anche un sessanta percento che non la sopporta.

Chi vince la primarie repubblicane?

Potrebbe vincerle un candidato che ancora non è in lizza.

Si rischia una brokered convention?

È uno scenario su cui sta lavorando molto l’establishment del Partito repubblicano, che sta danneggiando Trump in modi pirateschi.

Chi va alla Casa Bianca tra Trump e Hillary Clinton?

Donald Trump.

Intervista a cura di Federico De Cesare

Tags: ClintonDemocraticiElezioni UsaGopHillary ClintonIsisPrimarie UsaRepubblicaniRussiaStati UnitiTrump
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